Il viale del tramonto del sito (istituzionale)

Corporate sites made sense in web 1.0, when you drove traffic to landing pages with banners, and collected email addresses.
Modern consumers are engaged by real-time, social digital experiences which transcend device and are powered by location.

I siti web “corporate” sono forse un rimasuglio del web 1.0, dove l’unico punto importante era convogliare traffico alla propria landing page, ai propri banner e raccogliere indirizzi e-mail per la propria lista di utenti. Ma gli utenti di oggi, vogliono qualcosa di più. Vogliono coinvolgimento in tempo reale, esperienze che trascendono una piattaforma specifica e spesso sono potenziate dalla geolocalizzazione.

Ian Crocombe, planning director presso la digital agency AKQA

I siti web ufficiali dei brand più famosi stanno forse morendo? I soliti catastrofisti… le solite farsi ad effetto…

Riprendiamo l’articolo apparso su BrandRepublic; nell’articolo è contenuta un’analisi estremamente lucida che ipotizza un più che plausibile scenario futuro, di cui si vedono già i primi segnali.

Analizziamo nel dettaglio cosa è successo.

Bacardi ha deciso di riesaminare il ruolo, gli obiettivi, la rilevanza strategica del proprio sito web ufficiale e di spostare progressivamente diverse azioni di marketing verso la propria pagina fan ufficiale, su Facebook.
Attività di questo tipo, su un sito ufficiale, richiedono, come “effetto collaterale” di replicare mini-siti (ri)costruendo l’intera struttura da zero, utilizzandoli poi per far interagire il proprio target sui eventuali social network a supporto.

Quale sarà il ruolo dei grandi brand nella sopravvivenza, o nel mutamento, dei siti web ufficiali così come li conosciamo?

Secondo molti esiste più di un motivo per non fidarsi (solo) di Facebook. “Fino a quando, allora, dovremmo fidarci dei social network?”

Davvero vale la pena di farsi attirare dalle sirene del social network e spolpare, attività dopo attività, il proprio sito ufficiale?

Qualcuno nei commenti dell’articolo citato poco fa azzarda persino:

Websites are the last incarnation of the traditional, broadcast, publishing model and actually have more in common with TV then they do with the social web. I’d be amazed if websites exist in their current form, if at all, in five years time.

Il sito “classico”, sarebbe “Una nuova incarnazione, fuori dal tempo, del modello broadcast, proposto dalla televisione”. Non durerà più di cinque anni, per come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.

Al di là di predire di nuovo la morte di “un qualcosa” legato al web (il famoso dibattito su “il web è morto” infiammato da Wired), c’è da chiedersi quanto varrà la pena nel prossimo futuro studiare strategie di promozione -i mini siti di cui sopra- solo esclusivamente in casa propria.

Perché non è neppure da escludere, nel caso volessimo bussare alla porta di Facebook, che le operazioni di natura commerciale diventeranno sempre più costose, se le cose per la creatura di Zuckerberg non andranno come previsto… forse anche se andranno come previsto: le Google Adwords sono diventate sempre più costose, proprio a causa del loro successo. Tutti le usano, è aumentata la concorrenza e nei settori più competitivi, appunto, il costo per clic sugli annunci è cresciuto progressivamente.

A noi interessa soprattutto che cosa può fare la piccola media impresa, in questo nuovo contesto.

Io amo ripetere a tutti i clienti che incontro, in questo periodo la frase: il sito da solo non basta più.
Non è morto, quindi, ma da solo e abbandonato al suo destino, una volta messo online, come spesso fanno le PMI, non serve davvero quasi a nulla, non può “spostare l’ago della bilancia”.

Essenziale diventa integrarlo con altri canali di web marketing che non sono solo i social network, essenziale diventa attuare una strategia di produzione dei contenuti costante nel tempo.

Dell’articolo sulla “morte del sito” resta la fondamentale affermazione sulla necessità di creare maggiore coinvolgimento, di creare “esperienze”, durante la navigazione dei messaggi promossi sul web.
Non più semplice consultazione e diffusione di caratteristiche tecniche e qualitative dei prodotti o, peggio, la più tragicamente diffusa affermazione: “noi siamo un’azienda leader”.

Possono ancora funzionare le campagne di comunicazione di massa, i messaggi calati dall’alto e le aziende chiuse e ingessate?
Possiamo ancora credere a espressioni dolciastre e poco credibili come “leader di settore”, “miglior servizio assistenza sul mercato”, “prodotto rivoluzionario” che per anni abbiamo letto e ascoltato nei comunicati stampa e nelle campagne tv, ma anche nei siti? Forse sì, ma c’è sicuramente bisogno di accompagnarle con una comunicazione in rete, in cui tutto è commendabile, che l’azienda la voglia o meno
– Web Marketing per le PMI – Miriam Bertoli – Hoepli

Sulla necessità di creare un maggiore coinvolgimento dei tuoi clienti puoi leggere anche quest’altro articolo di MoMu: Una marca per amica

Canzone del giorno

C’è sempre qualcuno/qualcosa apparentemente sul viale del tramonto…

19 Agosto 2013
Posizionarsi su Google senza trucco e senza inganno
21 Agosto 2013
Aiuto! Sta arrivando il re-targeting…

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