L’ e-commerce, oggi… perché le PMI in Italia sono rimaste indietro
L’ e-commerce, oggi… perché le PMI in Italia sono rimaste indietro
Le imprese che hanno fatto e-commerce sono cresciute del 1,3% nel triennio 2008/2010 contro il – 4,5% di quelle che non hanno alcuna presenza online.
Uno studio sul commercio elettronico in Italia, realizzato dalla celebre software house Adobe, evidenzia anche per il 2011 lo stesso trend positivo degli anni precedenti, con una crescita annua prevista, a fine 2012, del 32%.
Il dato meno confortante, come spesso capita in Italia, è il confronto con l’estero. Da noi il 27% della popolazione utilizza l’e-commerce per fare acquisti contro il 41% della media dell’Unione Europea.
Le cause di questo “gap” sono da sempre state individuate nella carenza di infrastrutture, in particolare nelle scarse performance delle nostre connessioni.
In realtà, almeno per la maggior parte delle operazioni che si possono compiere su internet, in Italia non esiste un problema di banda larga; le infrastrutture esistenti sarebbero più che sufficienti, per la maggior parte delle tipologie di utilizzo del web.
Esiste un grande divario tra la città e i piccoli centri abitati, ma le tecnologie legate alla telefonia cellulare possono venire in soccorso nelle stragrande maggioranza di questi casi.
I problemi più gravi, si presentano, invece, sia dal lato dei produttori che da quello dei consumatori.
Sono problemi, potremmo dire, di natura psicologica e perciò di non facile soluzione.
Dal lato dell’offerta c’è una scarsa propensione all’investimento, e internet, pur essendo considerato una fonte di nuove opportunità, è ancora visto come uno “sconosciuto”, come una grossa incognita; come tale, nell’immaginario collettivo, è percepito come una fonte di rischi (“il mio investimento, per quanto più basso che in altri settori, avrà un ritorno adeguato?”).
Anche dal lato, della domanda, manca la fiducia nel media internet, in una sfaccettatura ancora più preoccupante; le transazioni via web non sono percepite come sicure al 100%.
Il consumatore italiano da sempre, rispetto agli altri paesi, non si fida ad utilizzare la carta di credito e questo atteggiamento peggiora su Internet. Non si fida a comprare a distanza e non riesca a concepire di non poter toccare la merce prima di pagare.
Non si fida delle garanzie che la legge riconosce al consumatore online, nonostante ci siano obblighi contrattuali precisi da rispettare nelle transazioni che avvengono via web.
Il ricorso al pagamento in contrassegno per gli acquisti online è enormemente più frequente in Italia che all’estero (se si visitano i siti di e-commerce internazionali, si può notare in certi paesi non è nemmeno previsto). Ecco perché la propensione all’acquisto online è enormemente inferiore rispetto ai principali paesi europei. Il “digital divide”, le carenze di infrastrutture, con tutti questi dubbi e incertezze, c’entrano poco.
In questo caso, quindi, la colpa non è del tutto dell’apparato statale-governativo, che non ha finanziato o non ha fornito incentivi per la crescita la crescita; è il mercato stesso che non è ancora pronto; certo i problemi sui due fronti (pubblico e privato) si alimentano l’uno con l’altro, in una sorta di circolo vizioso che sempre destinato a non interrompersi mai
La realizzazione di infrastrutture (fibra ottica, internet senza fili, reti mobile) richiede anni; pertanto è indispensabile cominciare oggi a realizzarle per non trovarci un domani irrimediabilmente in ritardo.
L’inizio delle attività e-commerce in Italia può essere collocata nel 1994.
Nel 2012, l’e-commerce compie, dunque, 18 anni.
Come anticipato, più importante della realizzazione di infrastrutture sarebbe iniziare a credere nelle potenzialità di questo che in Italia è ancora considerato un nuovo media, ma che, nel resto del mondo, ha già raggiunto la piena maturità.