Maledetta crisi! Ma non finisce mica il cielo…

Possiamo vedere oltre la crisi?
Certo che sì… i consumi diminuiscono, per ora, ok… sarà difficile tornare ai livelli precedenti, ok… ma è anche vero che il consumo cambia, il consumatore ha una nuova faccia e dobbiamo essere in grado di interpretare i segni del cambiamento.

Recentemente sono stato a un seminario organizzato da Eurisko che, prima di tutto, mi ha rafforzato alcune idee, soprattutto nel campo del web marketing, che già avevo; mi ha fornito nuovi ulteriori elementi di riflessione, con suggerimenti basati su dati scientificamente certi, per affrontare il “momentum” oltre la crisi, e per dialogare con il cliente, che a tratti sembra diventato uno sconosciuto, con cui è difficile dialogare, nel senso che è molto difficile far comprendere gli elementi di novità e le opportunità che si possono cogliere al di là delle apparenze e del pessimismo diffuso dai principali media.

La presentazione è partita con il discorso Bob Kennedy sulla misurazione del Pil; il benessere di una nazione è realmente misurabile dal valore monetario dei prodotti e servizi che essa è in grado di produrre?
L’indice di benessere e soddisfazione personale, dei cittadini, non è forse di gran lunga più importante?

Possiamo creare, piuttosto, un indice che consideri indicatori soggettivi relativi alla qualità e soddisfazione verso vita familiare, situazione sentimentale/affettiva, rapporti amicali, tempo libero, istruzione, salute, reddito, risparmi, condizione lavorativa, abitazione, luogo di residenza…

“Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra
personale soddisfazione nel mero perseguimento del
benessere economico…
Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria…Non tiene
conto della salute… dell’educazione o della gioia… Non
comprende la bellezza …l’intelligenza …l’onestà … Non tiene
conto né della giustizia…né dell’equità….
Il PIL non misura il nostro coraggio, la nostra saggezza, la
nostra conoscenza…
Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente
degna di essere vissuta….”

Robert Kennedy (1968)

I dati statistici indicano un chiaro rapporto di relazione inversa, negli ultimi decenni tra Pil e soddisfazione personale ; il Pil cresceva, la gente era sempre meno felice.

Cause: crisi lunga e di cui non si intravede con chiarezza la fine, polarizzazione estrema dei redditi e concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, pressioni crescenti su aspettative e realizzazioni personali.

Perché le aspettative sono sempre crescenti? C’è una maggiore istruzione, una maggiore diffusione della cultura, ci sono più risorse per pensare e agire, più possibilità di relazione interpersonale grazie alle nuove tecnologie); il senso di realizzazione che ne deriva, circa gli obiettivi personali raggiunti è costantemente calante e, contestualmente, sopraggiungono sempre nuovi bisogni, che accrescono il sentimento diffuso ed impalpabile di insoddisfazione.

Questi fenomeni hanno alimentato negli ultimi decenni la crescita di un forte processo di Individuazione, come sintesi di empowerment, capacità, autonomia individuale.
Ma questo processo ne richiama con forza un altro, uguale e speculare, a sua volta in crescita, senza il quale l’individuazione diventa isolamento, spaesamento e paura: un processo di Identificazione, come rispecchiamento e riconoscimento nell’altro, ricerca costante di confronto, desiderio di relazione, crescente consapevolezza di interdipendenza.
Un fenomeno supportato dai processi di globalizzazione economica e sistemica e aiutato dallo sviluppo e diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione…

Il bisogno e la ricerca di identificazione, il desiderio di condivisione e di scambio sono le spie dell’insoddisfazione, ma allo stesso tempo diventato una riposta possibile per riequilibrare i due “piatti della bilancia”.

Ecco perciò che nascono nuovi consumi per riequilibrare la bilancia vista sopra, per spostarsi verso l’identificazione.

Nonostante la centralità del prezzo, l’immagine di un consumatore sempre più razionale, distaccato, calcolatore, strumentale, individualista è fuorviante e caricaturale, sostiene Silvio Silprandi, CEO di Gfk Eurisko, nella sua presentazione.
Il consumatore ha solo cambiato abitudini… in questo quadro, a sostegno della propria felicità, della valorizzazione della qualità della vita, investe risorse per un prodotto tecnologico, per icone globali di gusto, per contesti che diventano esperienze, anche sociali (come quelli legati al settore food).
La strumentalità razionale perciò è un mezzo, non un fine.

Anche a dispetto della crisi (o, forse, in base a quanto detto, forse proprio “grazie” alla crisi) i consumi e gli acquisti che crescono sono
quelli:

  • che sostengono la qualità della vita del consumatore e lo aiutano a mantenere alte le aspettative e il benessere psicologico
  •  che si nutrono di significati simbolici e culturali e gli permettono di aprirsi a nuove forme di gratificazione
  • che sono capaci di garantirgli un’esperienza di scambio, condivisione e relazione

Possiamo quindi identificare 4 principali forme culturali di consumo e di vita, collegate ai concetti di:

Opportunità: la capacità di raffrontarsi in modo attivo e consapevole all’offerta si concretizza, per esempio, nella possibilità di un confronto in tempo reale dei prezzi di un prodotto/servizio sul web, o nella costante tendenza alla disintermediazione,
Sostenibilità: si sviluppa come consapevolezza diffusa e si declina in varie forme e modalità: ambientale ma anche culturale, territoriale, umana, economica.
Relazione: Siamo immersi in una cultura “sociale”, a dispetto dei luoghi comuni sull’individualismo, che si sviluppa come ricerca dell’altro, dello scambio, di una richiesta di rapporti fiduciari, di legami deboli, informali, transitori, che affiancano i legami tradizionali (di sangue e territoriali).
Esperienza: è legata al concetto di sensorialità che trova nei format di consumo e di trade uno straordinario amplificatore dei propri significati, per contrastare la smaterializzazione, il mondo cerebrale e simbolico creato dal web.

La marca, come tutte le istituzioni, si secolarizza, un consumatore più laico ispirato dalla cultura dell’opportunità, legato a più marche
“Per me una marca vale l’altra” è un concetto che perde valore; quindi, nonostante tutto, lo spazio di azione per la marca si allarga e nuovi temi di marketing possono trovare nuovi e più ampi spazi.

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