Una marca per amica

È l’epoca dell’amicizia!

La metafora esibita da Facebook, nelle sue modalità di costruire una rete sociale, è quanto mai efficace.

Il Customer Engagement per le marche, non è più garantito dalla “vecchia” customer satisfaction; oggi occorre costruire fiducia e costruire valore intorno alla marca.

C’è una relazione  bidirezionale tra la marca e il consumatore.

I consumi riprendono, forse… si registra un + 2,6%, a maggio 2013, sugli acquisti con carta di credito.
Vola l’online.

La relazione tra consumatore e marca, però, stenta a decollare:

  • il 65% compra la marca solo se scontata (era il 43% nel 2003)
  • il 9% prende le marche migliori anche se costano di più (era il 32% nel 2003)

Le attese verso la marca sono aumentate ma la marca non sembra ancora una soluzione per una exit strategy dalla crisi.

Aumenta la “cattiveria” del consumatore nel giudicare la marca, basta leggere la spietatezza di alcuni commenti su Facebook in una qualsiasi fan page…

È la Post Trust Era – la fiducia si è trasformata in scetticismo; The Language of Trust , M. Maslansky et al.; Prentice Hall Press, 2010

Di un amico ti devi fidare – la relazione con la marca si costruisce in primo luogo sul l’identità e la fiducia, ma gli italiani sembrano fra i più scettici (ci fidavamo già poco delle istituzioni, ora anche delle azienda; i consumatori, in sociologia, sono definiti come “paranoici”.

“Voi comunicate la verità sui vostri prodotti e nessuno vi crede. Nella Post Trust Era la gente è più sensibile che mai alla manipolazione pubblicitaria. Pensano che le statistiche possano essere manipolate per raccontare qualsiasi storia, pensano che le aziende omettano volutamente informazioni importanti. Più provate a convincere che voi siete migliori, più affidabili, più in gamba dei vostri competitor e meno la gente vi crede…

La customer satisfaction, come anticipato,  non basta + a costruire distintività e fidelizzazione; la marca che vuole farsi amare compete su nuovi territori di eccellenza relazionale:

  • Attese superiori: la soddisfazione è buona ma non basta per garantire la fedeltà del consumatore
  • Engagement: condivisione dei valori della marca
  • Opportunity marketing: questa cosa è migliore altrove
  • Timing marketing: la cosa giusta al momento giusto, alla persona giusta
  • Flexi branding: downside ma anche upside; accetto una soluzione più “basic” e tu non l’hai, oppure voglio di meglio. Occorre assecondare e gestire questa nuova ricerca di qualità: nuove soluzioni per gestire bisogni più articolati.

La marca si trova quindi a dover “colonizzare”   territori completamente nuovi dell’engagement

Cosa può favorire l’engagement?

  • Ri-localizzazione – essere vicini territorialmente al consumatore
  • Assecondare i bisogni di empowerment relazionali; riassumibile nel motto: “no brand but people” . La marca deve aiutare a realizzare i propri progetti e a sviluppare competenza per utilizzare al meglio le cose che si comprano
  • Funzione, emozione, etica: voglio una marca utile e che abbia una personalità, che trasmette e comunica emozioni e valori.

Le aziende più innovative si stanno attrezzando per un contatto più diretto col consumatore, per avere suggerimenti ed idee per rendere il prodotto più conforme ai bisogni emotivi del consumatore;
è la cosiddetta “co-creation” e si serve di tutti gli strumenti online con cui il consumatore può esprimere i propri gusti ed opinioni: blog, community, social network.

Attenzione però: “se avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano avrebbero risposto un cavallo più veloce”, diceva Henry Ford

10 Luglio 2013
Maledetta crisi! Ma non finisce mica il cielo…
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